Disturbi Primari di Linguaggio: come si presentano nell’età dello sviluppo?

Disturbi del linguaggio

Luigi Marotta ci parla delle difficoltà nello sviluppo linguistico in età prescolare e delle conseguenze che questa può implicare nelle funzioni del bambino

I Disturbi Primari del Linguaggio (DPL) costituiscono uno dei disturbi del neurosviluppo più frequente in età prescolare tra i 2 e i 6 anni. Questi interessano circa il 6% dei bambini, che possono presentare difficoltà nella comprensione, nella produzione, o in entrambi questi aspetti del linguaggio. Difficoltà che, inoltre, possono essere molto diverse da bambino a bambino sia per tipologia, sia per gravità e pervasività.

Il Dottor Luigi Marotta, Logopedista e Vicepresidente dell’Associazione Scientifica Italiana Logopedisti, ci parla di questo disturbo, dei primi segnali della sua comparsa e delle caratteristiche che può presentare.


Dottor Marotta, che cosa si intende con il termine Disturbo di Linguaggio?

Per prima cosa dobbiamo distinguere i cosiddetti disturbi “primari” del linguaggio con quelli “secondari”.
Questi ultimi, infatti, prevedono un problema organico di base molto evidente, ovvero sono dovuti a determinate patologie – e quindi secondari a queste, come ad esempio malattie infettive, traumi, tumori, ecc.

I disturbi primari, invece, sono caratterizzati dall’assenza di problemi neurologici, motori o di qualsiasi altra natura. Si presentano generalmente in età prescolare nel 6-7% dei bambini, numero che diminuisce sino all’1,2 % in quelli di età maggiore ai 6 anni. Ancora non siamo in grado dimostrare con certezza quale sia la causa dei DPL, ma la ricerca scientifica è sempre più orientata a riconoscere una compromissione neurobiologica su base genetica, come dimostrato anche dall’elevata familiarità del disturbo e dalla maggiore incidenza nella popolazione maschile.


Generalmente come si presenta o quali sono i segnali che potrebbero far sospettare un ritardo o dei veri e proprii disturbi di linguaggio?

Abbiamo già detto che c’è una vera e propria “costellazione” di tipologie differenti di disturbo di linguaggio, così come traiettorie evolutive molto diverse tra bambino e bambino. Spesso è difficile capire quando un bambino ha un semplice sviluppo rallentato o quando c’è un rischio di un disturbo vero e proprio.

Il linguaggio verbale, infatti, non è l’unica forma di comunicazione del bambino. Non lo è nemmeno per l’adulto. La comunicazione avviene attraverso differenti modalità: verbale, non verbale, intonazione, espressione facciale, contatto visivo, contatto fisico.

Ognuno di questi canali segue una sua traiettoria di sviluppo, a volte simultanea, altre volte parallela ma con tempi che possono essere molto diversi da bambino a bambino.


Ma allora come possiamo accorgerci di questo?

Già intorno ai 24 mesi di età (se non prima) è possibile riconoscere alcuni segnali premonitori di un ritardo o di un disturbo primario di linguaggio. La prima cosa da fare è osservare il bambino nella sua interazione quotidiana e cercare di rispondere ad alcune domande:

  • È interessato a quello che gli accade intorno?
  • Esplora lo spazio intorno a sé, si gira se sente una voce o un suono familiare o un rumore improvviso?
  • Condivide dei giochi?
  • Cerca gli altri bambini?
  • Risponde quando viene chiamato?
  • Si gira e guarda negli occhi il suo interlocutore?
  • Sembra comprendere quello che gli viene detto? Esegue semplici comandi come “vai a prendere la palla”? La risposta, anche se solo con i movimenti, è coerente con la vostra domanda?
  • Vi guarda negli occhi durante il gioco o quando gli parlate? Usa lo sguardo per “chiedere” la vostra attenzione o un oggetto? 10. Si aiuta coi gesti per farsi capire? Per esempio: indica con il gesto per richiedere un oggetto o un’azione? Mostra o dà quello che ha in mano? Fa gesti di routine, come soffiare per “scotta”, oppure mette l’indice sulla guancia per dire “buono”?

Se vengono notate anomali di fronte a questi comportamenti è importante rivolgersi al pediatra di base o direttamente a uno specialista per un consiglio sull’opportunità di una valutazione più approfondita.


La presenza di DPL prevede delle conseguenze che vanno quindi oltre alle difficoltà di esprimersi del bambino?

Questo tipo di disturbo può comportare difficoltà di comunicazione e di conseguenza una compromissione del normale sviluppo delle abilità sociali e cognitive.
La comunità scientifica è inoltre da sempre concorde sulla esistenza di comorbidità, ovvero la contemporanea presenza di altri disturbi. In particolare, si tratta di difficoltà di coordinazione motoria, di autoregolazione attentiva ed emotiva, di pianificazione e, una volta esposti alla lingua scritta, difficoltà nell’acquisizione della lettura, della scrittura e del calcolo. Si stima che il 40-50% dei casi soffra anche di DSA . Questo perché chi ha difficoltà con uno strumento linguistico orale può averne anche con uno scritto.


Quanto è fondamentale la figura di un logopedista davanti a disturbi di linguaggio?

La nostra è una figura specializzata nella prevenzione, valutazione e trattamento dei disturbi del linguaggio, che siano orali e scritti, in età evolutiva come in età adulta. Come ogni disturbo del neurosviluppo, anche questo prevede un lavoro multidisciplinare. Il logopedista, oltre per competenza anche storicamente, è stato, insieme al neuropsichiatra, una delle prime figure a lavorare con i DPL.


Quindi il consiglio per il genitore che sospettano il disturbo è quello di contattare immediatamente un logopedista?

Come dicevamo per un genitore può essere difficile rendersi conto della presenza di un vero e proprio disturbo del linguaggio. Per questo una buona prassi vede nel pediatra la prima persona a cui rivolgersi: sarà poi lui a decidere se monitorare semplicemente lo sviluppo linguistico e comunicativo del bambino o se richiedere una valutazione più approfondita con il supporto di un neuropsichiatra o di un logopedista.