L’ ADHD: i sintomi, la diagnosi e i consigli per il genitore

ADHD

Per riconoscere e affrontare questo disturbo è necessario individuarne i segni

Il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) rappresenta un disordine nello sviluppo neuropsichico che colpisce il 3-4% della popolazione italiana. Chi lo presenta è caratterizzato da un deficit nelle abilità attentive che spesso si traducono in una marcata iperattività motoria, cognitiva e/o una rilevante impulsività.

Con la consulenza della Dottoressa Sara Giovagnoli, Psicologa e Professoressa Associata in Psicometria presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Bologna, abbiamo indagato sulle caratteristiche di un disturbo come quello di attenzione e iperattività.


I sintomi

Il disturbo può essere contraddistinto da diverse sintomatologie:

  • Disattenzione: impedisce a chi è affetto da ADHD di prestare attenzione ad uno specifico stimolo per tempo prolungato, come, ad esempio, mantenere la concentrazione durante una lezione scolastica o durante un dialogo con i genitori o i compagni. Allo stesso tempo, la disattenzione, può presentarsi come elevata distraibilità a stimoli esterni e difficoltà a prestare attenzione ai dettagli, facendo sì che la persona fatichi a portare a termine un compito e commetta banali e frequenti errori di distrazione. È un deficit importante che può trasformarsi in un problema rilevante nella vita quotidiana.

    Il genitore potrebbe sospettare un disturbo dell’attenzione quando nota nel bambino gravi difficoltà nel mantenere attenzione per un tempo prolungato, nel prestare attenzione ai dettagli e ai dialoghi come se avesse sempre “la testa fra le nuvole” – e commette molti errori di distrazione, non solo a scuola ma in ogni ambito – spiega la Dottoressa Giovagnoli -. In generale, quindi, si avrà a che fare con un bambino che  fatica a portare a termine un compito, che è molto disordinato e distratto. Ad esempio, immaginiamo diconversare con un bambino con ADHD: il bambino tenderà a distrarsi, a non ascoltare, a interrompere e iniziare altre conversazioni o attività. Se gli viene chiesto di eseguire un compito semplice (‘vai a mettere a posto la tua camera’) è possibile che il bambino, una volta arrivato nella stanza, non ricordi più cosa gli fosse stato chiesto di fare e inizi una nuova attività”.

  • Impulsività: una sintomatologia caratterizzata da un’azione non ponderata alle conseguenze che produce. Chi è affetto dal disturbo agisce quindi senza pensare, non calcolando gli effetti che ne deriveranno. L’impulsività si manifesta sia da punto di vista fisico (azioni) sia dal punto di vista verbale.

    Le bambine e i bambini impulsivi non riflettono prima di dire o fare qualcosa. Di getto si buttano in azioni verbali o comportamentali che spesso producono conseguenze negative da un punto di vista sociale-emotivo. Sono bambini che faticano a rispettare i turni di parola, ad inibire azioni automatiche e/o inappropriate.  – chiarisce la Dottoressa Giovagnoli – . Esistono diversi comportamenti che possono far sospettare il disturbo. Ad esempio, l’incapacità di rispettare il proprio turno durante un gioco da tavolo, o di rispettarne le regole. I comportamenti impulsivi possono rivelarsi pericolosi per chi li mette in atto o  per chi li subisce. Se un bambino impulsivo si arrabbia, potrebbe mettere in atto azioni pericolose e socialmente poco accettabili verso il soggetto/oggetto che ha causato la sua rabbia senza riflettere sulle conseguenze delle proprie reazioni .”

  • Iperattività: nei/nelle bambini/e generalmente questa si manifesta soprattutto al livello fisico-motorio. Crescendo d’età il disturbo migliora nell’aspetto motorio – anche se percettivamente le persone che ne sono affette appaiono spesso molto agitate nei loro movimenti. Il disturbo, però, sebbene abbia una connotazione principalmente fisica, è anche mentale: nella mente di un soggetto iperattivo è infatti presente un continuo flusso di pensieri, che non gli permette di concentrarsi sugli stimoli esterni.

    “Per quanto riguarda l’aspetto dell’iperattività, questo sarà fisicamente evidente al genitore. – conclude Giovagnoli -. Sono bambini che muovono continuamente le diverse parti del corpo in modo poco organizzato e afinalistico, ovvero l’azione non è direttamente volta ad uno scopo. Sembrano avere una sorta di “motore interno” che non si spegne mai. Si dondolano, si alzano in continuazione, si arrampicano e corrono appena gli è consentito. Ricordo una madre che raccontava come il figlio iperattivo amasse andare in bicicletta “Va troppo veloce, cambia continuamente direzione, rischia sempre di cadere, ma miracolosamente non cade mai..o quasi, come se avesse dei super riflessi!”.


La diagnosi

L’ADHD viene generalmente diagnosticato durante la scuola Primaria, periodo nel quale l’effetto della sintomatologia risulta più invalidante. Naturalmente, a seconda della gravità del disturbo, il sospetto e la richiesta di valutazione può avvenire in epoche diverse. L’esordio è nell’infanzia e già in età prescolare possono essere colti dei segnali della sua presenza. Bisogna comunque ricordare che, essendo un disturbo di origine neurobiologica, questo si mantiene lungo tutto il continuum delle fasi evolutive. È quindi possibile che l’ADHD venga diagnosticato anche in età adulta.


I percorsi riabilitativi

Come per ogni altro disturbo neuropsichico, anche nel caso dei ADHD il percorso di riabilitazione deve essere fortemente individualizzato in base alle necessità del/della bambino/a.

A seconda dell’età, l’esperto può decidere di pianificare diversi interventi di potenziamento per migliorare le abilità compromesse. Allo stesso tempo, possono essere introdotti degli strumenti compensativi come, ad esempio, una sveglia che ricordi gli appuntamenti o una mappa concettuale che riassuma la sequenza di attività da svolgere per portare a termine un compito.
Importante è anche il lavoro da svolgere a livello emotivo, per non sottovalutare le problematiche personali e sociali che possono derivare dalla presenza del disturbo. Risulta auspicabile, quindi, che l’intervento sul bambino venga pianificato e seguito da un’equipe di professionisti che possa intervenire sui diversi aspetti.


I consigli per il genitore

Per il genitore di un bambino affetto da ADHD è consigliato attivarsi attraverso i servizi clinici del territorio o con dei centri privati esterni per effettuare una valutazione diagnostica.
Per supportare l’attività in famiglia, una volta accertata la presenza del disturbo vengono generalmente attivati dei percorsi di Parent Training. Si tratta di percorsi per insegnare ai genitori a gestire il proprio figlio/figlia con ADHD al fine di ridurre i comportamenti disadattivi o problematici, creare una ambiente che stimoli nel bambino l’autoregolazione, la metacognizione e l’autonomia e che migliori le dinamiche relazionali. Percorsi simili sono pensati anche per gli insegnati (Teacher Training) al fine di fornire strategie efficaci per la gestione e il supporto del bambino con ADHD in classe.