Gestire e saper autogestire il comportamento, quando si ha a che fare con l’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività), è un tema fondamentale per evitare interferenze nella vita quotidiana.
L’ADHD è classificato come un disturbo del neurosviluppo con una forte componente neurocomportamentale, che ha esordio nell’infanzia e si manifesta con tre principali caratteristiche:
- Disattenzione: difficoltà a mantenere la concentrazione e forte tendenza a farsi distrarre da stimoli esterni (rumori, oggetti in movimento ecc.) o da stimoli interni (pensieri improvvisi, emozioni repentine ecc.);
- Iperattività: costante esigenza di muoversi, che si può manifestare attraverso l’incapacità di rimanere seduti, la difficoltà a rilassarsi, l’eccessiva loquacità o movimenti ripetitivi come dondolarsi, muovere le gambe o tamburellare le dita ecc.
- Impulsività: peculiarità che comporta difficoltà organizzative, di regolazione delle emozioni, di inibizione e di controllo del comportamento.
Cos’è l’impulsività nell’ADHD?
Quando si parla di impulsività, in senso generico, ci si riferisce a quella tendenza ad agire in modo precipitoso, senza un’accurata riflessione sulla portata del proprio comportamento e sulla valutazione delle conseguenze. Nell’ADHD questa caratteristica è delineata da:
- scarso autocontrollo: questi bambini manifestano irrequietezza, disinibizione, non riescono a trattenersi dal muoversi o dal farsi distrarre da stimoli esterni o interni, perdendo facilmente la concentrazione;
- povera autoregolazione delle emozioni: non tollerano la frustrazione, possono diventare aggressivi, possono dimostrare reazioni esagerate o inadeguate rispetto ad una situazione;
- presa di decisioni affrettate e difficoltà organizzative: tendono ad agire senza pianificare, in assenza di una strategia che permetta di raggiungere i propri obiettivi;
- impazienza: faticano a rispettare il proprio turno, danno risposte ancora prima che la domanda sia terminata e hanno difficoltà ad attendere una gratificazione;
- comportamenti invadenti: possono interrompere spesso gli altri durante una conversazione, manifestare irruenza nel gioco, disturbare frequentemente le attività altrui e avere difficoltà ad attenersi alle regole.
Tutto questo ha una chiara incidenza sui vari aspetti di vita, dalle relazioni interpersonali al rendimento scolastico, che possono portare a comportamenti di scherno, ad un allontanamento o, addirittura, un’emarginazione della persona perché ritenuta fastidiosa.
L’importanza della metacognizione e dell’autoregolazione nell’ADHD
La metacognizione riguarda l’insieme dei pensieri e riflessioni circa il proprio funzionamento mentale e comportamentale. Si traduce, quindi, in una forma di autoconsapevolezza rispetto a sé stessi: le proprie caratteristiche personali, le proprie capacità e i propri limiti.
Delle buone abilità metacognitive sono il primo passo per affinare la propria autoregolazione, ossia la capacità di un individuo ad intervenire su di sé per raggiungere i propri obiettivi (gestione dei pensieri, delle emozioni e dei comportamenti in modo adattivo).
Lavorare, quindi, sulla metacognizione e sull’autoregolazione è un intervento fondamentale per poter controllare l’impulsività e migliorare la qualità della vita delle persone con ADHD. Per fare ciò, esistono diverse attività o strategie che possono essere attuate.
Strategie di gestione del comportamento e dell’impulsività
1. Allenare la riflessione e l’autovalutazione:
È possibile aiutare i bambini a porsi delle domande per sviluppare una certa consapevolezza circa i propri pensieri, emozioni e pattern di comportamento recidivi all’interno di determinate situazioni. Questi quesiti potranno essere maturati:
- prima di un’attività per promuovere la pianificazione: interrogarsi su qual è l’obiettivo, su come si può raggiungere, su quali sono i materiali, gli strumenti, le abilità o le conoscenze necessarie ad affrontarla, sulle stime circa le tempistiche o la difficoltà, su come mi sento al riguardo ecc.
- durante un’attività per correggere il percorso: interrogarsi su come sta procedendo l’operato, se ci si sta attenendo al piano, se si stanno trovando imprevisti o difficoltà, se ci si sta distraendo, se si può fare qualcosa per migliorare la situazione, se si stanno provando delle emozioni positive o negative in quel momento ecc.
- dopo un’attività per valutare i risultati: interrogarsi sulla soddisfazione rispetto all’operato, su cosa è andato bene e cosa invece è andato male, su cosa si è imparato da questa attività, se si sono raggiunti gli obiettivi prefissati ecc.
2. Stabilire una routine strutturata
La pianificazione delle giornate aiuta a ridurre l’incertezza, a rendere prevedibile l’ambiente e ad ottimizzare il tempo. Per questo può essere utile stabilire:
- orari fissi per determinate attività (es. svegliarsi, mangiare, andare a dormire ecc.);
- fasce orarie per altri impegni giornalieri (es. fare i compiti e studiare, guardare la tv, giocare, fare sport ecc.);
- rituali che identificano l’inizio o la fine di specifici momenti (es. leggere qualche minuto prima di andare a dormire, fare la cartella prima di cenare ecc.).
Questa strutturazione, però, non deve essere eccessivamente rigida. Dovrà prevedere, anche, dei momenti di aggiustamento e adattamento in base alle necessità del momento.
3. Trovare spazi di studio o di lavoro adatti
Allestire un setting di lavoro privo di distrazioni può favorire la concentrazione e aiutare il bambino a focalizzarsi sul compito. A tal proposito, si può scegliere una stanza silenziosa e neutra (senza giochi o altri elementi di interferenza). Per i più grandi e con una certa dose di autonomia, possono essere utili le cuffie con riduzione del rumore. Inoltre, la scrivania deve essere ordinata e presentare solo lo stretto necessario per l’attività prefissata.
4. Scomporre il lavoro in step minori
Per evitare distrazioni, è possibile suddividere un compito complesso i passaggi più semplici con dei sotto obiettivi, permettendo così di monitorare l’andamento del percorso verso l’obiettivo finale. Questa scomposizione può essere messa per iscritto attraverso una sequenza visiva (scaletta), che aiuta a tenere traccia di ogni fase e valutarne il progresso.
5. Prediligere metodi di studio e canali d’apprendimento differenti
Un altro aspetto utile è quello di allenarsi ad utilizzare metodi di studio differenti, che facciano leva su canali sensoriali diversi. Le persone con ADHD, essendo più fragili a livello attentivo, potrebbero trovare più confortevole l’apprendimento tramite modalità cinestesica: attività manuali, esperimenti, simulazioni, role playing, serious games, realtà virtuale ecc. Con il tempo ogni persona, attraverso l’esercizio della metacognizione, arriverà a capire quali modalità di apprendimento sono più efficaci per sé, in base alle proprie caratteristiche e al materiale didattico o lavorativo da immagazzinare.
6. Utilizzo di tecnologie assistive o strumenti per l’organizzazione
Infine, per mantenere il focus sulle attività e gestire meglio il proprio tempo, è possibile ricorrere a degli strumenti compensativi o tecnologie assistive capaci di sostenere queste persone nelle loro attività quotidiane. Tra gli strumenti per la programmazione ci sono: calendari, planner, agende, diari, notes sul cellulare, post-it ecc. Per quanto riguarda, invece, alcune tecnologie assistive per lo studio, esistono: programmi o app per impostare schemi, grafici, mappe mentali o tabelle.
Inoltre, è importante incorporare delle pause regolari che aiutino a spezzare attività lunghe e a prevenire il sovraccarico (es. tecnica del pomodoro). Così facendo, si potranno recuperare le energie, riorientare l’attenzione ed evitare cali di concentrazione.