I disturbi di linguaggio sono caratterizzati da difficoltà nell’acquisizione e nell’uso del linguaggio in modo appropriato rispetto all’età del bambino, che interferiscono significativamente con il funzionamento sociale, accademico o occupazionale. Nel DSM-5, i disturbi di linguaggio sono suddivisi in quattro principali categorie:
Disturbo del linguaggio, che si manifesta con difficoltà persistenti nella produzione e comprensione del linguaggio parlato e/o scritto, nonostante l’assenza di deficit sensoriali, motori o cognitivi evidenti. Queste difficoltà possono riguardare la fonologia (suoni delle parole), la morfosintassi (struttura grammaticale delle frasi), la semantica (significato delle parole) e/o la pragmatica (uso appropriato del linguaggio in contesti sociali).
Disturbo fonetico fonologico, che si manifesta con una persistente difficoltà nella produzione di suoni dell’eloquio che interferisce con l’intelligibilità dell’eloquio o impedisce la comunicazione verbale. Sono presenti difficoltà di articolazione e ritardo nelle acquisizioni linguistiche, in un quadro di buona comprensione e, talvolta, di una risoluzione spontanea del problema.
Disturbo della fluenza (in precedenza balbuzie), con esordio nell’infanzia, caratterizzato da alterazioni della normale fluenza e della cadenza dell’eloquio, inappropriate per l’età e per le abilità linguistiche dell’individuo. Persiste nel tempo e si caratterizza per il marcato e frequente manifestarsi di blocchi e o ripetizioni all’inizio o all’interno di una parola o di una frase. Altamente invalidante nelle relazioni sociali, richiede anche una attenta valutazione psicologica.
Disturbo della comunicazione sociale, è caratterizzato da difficoltà nell’utilizzo del linguaggio in contesti sociali, come problemi nel comprendere e rispondere adeguatamente alle interazioni sociali, nel fare attenzione agli stati mentali degli altri, nell’adattare il proprio linguaggio in base al contesto e nell’avviare e mantenere conversazioni.
La diagnosi dei disturbi di linguaggio secondo il DSM-5 richiede una valutazione clinica approfondita, che include l’osservazione del comportamento linguistico del bambino, la raccolta di informazioni sulla storia dello sviluppo del linguaggio e l’utilizzo di strumenti standardizzati di valutazione del linguaggio. La diagnosi tiene conto anche delle eventuali comorbidità con altri disturbi dello sviluppo.
Osservazione e Valutazione dei Disturbi di Linguaggio
Vi è mai capitato di sentire parlare di osservazione e di valutazione del linguaggio? Magari dal pediatra di famiglia, o da un’insegnante oppure da un’altra mamma, se non direttamente dallo specialista. Ma in cosa consistono? Entrambe costituiscono un momento importante per una famiglia che cerca di comprendere se il suo bambino sta sviluppando correttamente le sue abilità linguistiche e comunicative, magari con tempi più lunghi o con modalità un po’ atipiche o talvolta anche bizzarre.
L’osservazione, infatti, costituisce una vera e propria base per una valutazione accurata: consente di avere informazioni sul bambino all’interno di ambienti e situazioni più naturali rispetto a quelle tipiche di uno studio o di un ambulatorio. Entrambe possono essere “indirette”, ovvero condotte attraverso il care-giver, per mezzo di questionari, report o anche foto o filmati. Oppure possono essere “dirette” se condotte in prima persona dal clinico.
L’osservazione viene spesso effettuata attraverso il gioco e può includere aspetti come il comportamento in classe, l’interazione sociale, l’attitudine verso il lavoro scolastico, le abilità cognitive e molto altro. La valutazione, invece, rappresenta il momento in cui, in modo più strutturato (per esempio attraverso percorsi guidati o veri e propri test standardizzati), il clinico andrà a esaminare le singole competenze del bambino nei diversi ambiti.
In entrambi i casi il clinico deve avere oltre alle necessarie competenze specifiche sul linguaggio, sul suo sviluppo normale e sulle possibili difficoltà, ritardi o disturbi veri e proprie, anche una particolare sensibilità alla enorme eterogeneità di situazioni non solo individuali, ma anche ambientali, quindi famigliari, scolastiche e socio-culturali, che può incontrare.
Osservazione e valutazione non sono solo un momento diagnostico. Se si ritiene necessario iniziare un trattamento ne costituiscono una parte integrante: alla valutazione andrebbe dedicato almeno il 25% delle risorse disponibili all’interno della presa in carico. Il processo di valutazione in un primo momento può avvalersi del contributo di diversi professionisti della salute secondo un approccio multidisciplinare che è raccomandato per qualsiasi disturbo dello sviluppo. Ma la diagnosi è un processo dinamico che richiede periodicamente di monitorare l’evoluzione dell’intervento attraverso strumenti che forniscano “misure di esito” oggettive, per confermare e eventualmente adattare la propria proposta riabilitativa.