Skip to content

Disturbo del linguaggio espressivo: come intervenire?

L’articolo esplora i disturbi del linguaggio espressivo nei bambini, evidenziando l’importanza di una diagnosi precoce e di interventi mirati. Viene discusso il ruolo cruciale delle finestre evolutive per un intervento efficace, con un focus sui modelli di intervento universali, mirati e specialistici, inclusi i programmi di coinvolgimento dei genitori come “INTERACT2”, “Oltre il Libro”, “It Takes Two to Talk”, e “More Than Words”. L’articolo sottolinea l’importanza di un approccio personalizzato e sensibile alle esigenze del bambino e della sua famiglia per garantire risultati ottimali.

Disturbo del linguaggio espressivo: come intervenire?

Affrontare i disturbi del linguaggio e capire come intervenire è cruciale, dato che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) segnala che quasi un quinto dei bambini ha affrontato disturbi del neurosviluppo. In Italia, il 30% delle richieste nei Servizi Sanitari Territoriali riguarda problemi del linguaggio, comunicazione e apprendimento. Questo fenomeno non solo coinvolge aspetti etici di assistenza ai bambini e alle famiglie, ma anche significativi costi economici per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). La variabilità nello sviluppo linguistico complica la definizione di criteri standard di presa in carico, creando rischi di diagnosi errate e sprechi di risorse. La diagnosi precoce è cruciale per indirizzare i bambini verso terapie efficaci, ma oggi più che mai serve stabilire modelli di intervento condivisi, efficaci e sostenibili. Quali sono questi modelli?

Modelli di intervento

Esistono vari modelli di intervento per i disturbi del linguaggio, ma fondamentalmente si parte da interventi “universali”, ovvero di stimolazione linguistica generica per tutti i bambini (la normale esposizione al linguaggio e alla comunicazione in ambito sociale e scolastico), seguiti da interventi più mirati per bambini con ritardi di linguaggio lievi o moderati (programmi di potenziamento condotti sempre in ambiente familiare e scolastico, meglio se con la supervisione di un clinico), sino ad arrivare agli interventi specialistici intensivi veri e propri, specifici per bambini con diagnosi specifiche. Questi interventi possono coinvolgere genitori e insegnati ma sono tenuti e coordinati dal logopedista; infine possono essere individuali o di gruppo.  

Gli interventi terapeutici dovrebbero massimizzare la plasticità cerebrale attraverso stimolazioni sensoriali e motorie significative all’interno di relazioni sociali, dovrebbero, quindi, essere: 

  • Diretti all’obiettivo e specifici per il compito. 
  • Ripetuti frequentemente per stabilizzare le abilità. 
  • Intensivi e progressivamente difficili per mantenere alta la motivazione. 
  • Tempestivi, adattati al momento evolutivo del bambino. 
bambino che parla

Finestre temporali dell’intervento

Per i disturbi del linguaggio espressivo, tre finestre evolutive sono cruciali: 

Tra i due e i tre anni: Difficoltà prevalentemente in produzione, valutate attraverso il monitoraggio dello sviluppo e consigli educativi per i genitori. 

Tra i tre e i quattro anni: Disturbi fonologico-sintattici richiedono una valutazione logopedica dettagliata per individuare e trattare il tipo specifico di disordine. 

Interventi precoci: Favoriscono l’acquisizione di prerequisiti per lo sviluppo della comunicazione, con un forte coinvolgimento dei genitori. Questi modelli condividono l’enfasi sul coinvolgimento dei genitori e l’importanza delle interazioni naturali, anche se ciascuno di questi programmi ha le sue peculiarità e specificità in termini di metodologia, obiettivi e struttura delle sedute. 

Tra quelli più utilizzati troviamo i seguenti: 

«INTERACT2»: è prevalentemente strutturato per l’intervento nei bambini di età compresa tra i 24 e i 30 mesi che presentano ritardi nello sviluppo linguistico-comunicativo, noti anche come parlatori tardivi o “late talkers”. Questo programma è incentrato sul miglioramento delle interazioni sociali attraverso un coinvolgimento attivo dei genitori, i quali vengono formati per diventare “scaffolder”, ovvero facilitatori dello sviluppo linguistico dei loro figli. 

«Oltre il Libro»: utilizza la lettura dialogica come principale strumento di stimolazione linguistica, insegnando ai genitori tecniche di «stimolazione focalizzata». 

«It Takes Two to Talk»: è progettato per bambini con ritardo o disturbo del linguaggio, anche in contesti di disabilità, offrendo strategie pratiche e facilmente applicabili dai genitori. 

«More Than Words»: è specificamente orientato verso bambini con disturbi di comunicazione gravi, inclusi i disturbi dello spettro autistico, responsabilizzando i genitori come facilitatori primari della comunicazione. 

Ovviamente esistono molti altri modelli e tecniche di intervento e un clinico esperto potrà avvalersi della conoscenza di queste o altre metodologie e applicarle sulla base delle necessità individuali del bambino.  

Interventi mediati dai genitori e di supporto genitoriale

Negli interventi mediati dai genitori, questi ultimi diventano agenti attivi nel cambiamento del proprio figlio, ricevendo formazione e supporto dai clinici. Gli interventi di supporto genitoriale aumentano le conoscenze sui disturbi del linguaggio, fornendo uno spazio di condivisione e supporto emotivo. 

L’efficacia degli interventi richiede una valutazione attenta della storia clinica e familiare del bambino, delle sue potenzialità e fragilità, del contesto di crescita, e della capacità del clinico di interagire positivamente con famiglie e insegnanti. Motivazione, preparazione e sensibilità sono essenziali per un intervento di qualità. 

Ti è piaciuto l'articolo? Condividilo!

Facebook
LinkedIn
Email
WhatsApp